3 volte campionessa del mondo di longboard, attivista, scrittrice, oratrice. Nata ad Huntington Beach, California, nel 1977, Cori Schumacher, figlia di surfisti, ha avuto sempre la tavola sotto i piedi. Tanti i suoi successi, tante le sue vittorie nei circuiti mondiali, fino al 2011, anno in cui decide di boicottare il World Tour ASP. Sposata in California dal 2008 con la sua inseparabile metà Maria Cerda.
Dal 2011 in poi Cori decide di utilizzare la sua fama di atleta di livello mondiale per affrontare in maniera positiva alcuni temi sociali a lei cari come le disparità razziali, l’omofobia, gli impatti della cultura consumistica. Nel 2012 fonda una non profit chiamata “The Inspire Initiative”, allo scopo di dare voce al mondo femminile attraverso il surf, visto come espressione di emancipazione positiva. Nel 2013 guida una campagna internazionale contro Roxy, riguardo al tema dell’estrema esaltazione femminile di una ristretta cerchia di surfiste professioniste. Nel 2015 diventa ambasciatrice per la campagna “Surfers for West Papua”, contro la brutale oppressione di questa terra.
“Waves of Disruption: The Cori Schumacher Story” è l’ultimo lavoro video della serie Saltwater Daughters edito da SeaLevelTV, di cui è protagonista. Qui esce fuori il suo passato difficile, ciò che poi ha dato il via alla sua opera: la disparità razziale, l’omofobia, il consumismo, il sessismo, il lavoro degli schiavi, temi sui quali Cori sfida il pubblico ad operare un cambio di rotta lontano dalle tradizionali visioni. Il surf, attraverso Cori, inizia a sapere di vera libertà e amore, lontano dai consumismi e tradizionalismi che spesso ci nascondono la verità delle cose, quasi in maniera inconscia.
E noi siamo lieti di presentarvi un’esclusiva intervista rilasciata per Surfinsalento, insieme al video della sua storia. Buona lettura e buona visione!!
Ciao Cori, siamo molto lieti di conoscerti e di poterti fare qualche domanda sulla tua interessantissima esperienza.
Qui da noi, nel sud Italia, il surf ha una storia molto giovane. In questi ultimi anni abbiamo potuto notare come il suo sviluppo abbia avuto il fondamentale contributo dei media.
Cosa pensi della comunicazione che viene fatta nel mondo del surf?
Io penso che i tradizionali surf media stiano subendo un cambiamento a causa dell’influenza di internet e dei social. Essi hanno avuto per molto tempo il controllo della nostra comunicazione sul surf. Attraverso questa dinamica i marchi più importanti tiravano fuori campagne pubblicitarie sulla “loro” visione del surf, al solo scopo di vendere di più; ma, come stiamo incominciando a vedere, esistono differenti modi attraverso cui ogni surfista può raccontare storie circa e attraverso il surf. E’ fantastico come inizino ad emergere storie di surfisti da luoghi che non hanno una vecchia tradizione, dal Sud-Italia come dal Sudest dell’India. Quando raccontiamo le nostre storie gli uni agli altri su internet o nei video, noi stiamo compiendo qualcosa di “rivoluzionario”.
L’aspetto più incisivo del cambiamento che si sta verificando nella comunicazione globale del surf è lo spostamento del focus mediatico dai personaggi famosi (utilizzati nella pubblicità allo scopo di aumentare il desiderio del pubblico di assomigliare sempre più a questi o quelli, e quindi far acquistare la roba che usano) verso la centralizzazione del rapporto che ogni singolo surfista ha con il mare. La narrativa surf che mette in evidenza il profondo legame che noi surfisti abbiamo con l’oceano e con i nostri simili è la via più sincera e compassionevole, quella che ognuno di noi ha dentro di sè, in grado di promuovere una più attiva e sostenibile surf culture. Se avete a cuore una cosa, voi la custodirete; e questo è il più importante cambiamento, nuova vita rispetto alla solita solfa del surf visto in maniera egoistica.

Il surf femminile sta esplodendo nel mondo, in Italia, ed anche nella nostra piccola regione. Spesso però le donne surfiste che sono più in vista lasciano passare un’immagine di loro un po’ troppo convenzionale: capelli biondi, occhi azzurri, fisico mozzafiato e sulla tavola rigorosamente in perizoma. Cosa ti sentiresti di consigliare a tutte le ragazze che oggi, nel 2015, si stanno avvicinando al surf?
Il mio suggerimento è quello di non cercare di diventare una tipica “surfer girl”, ma piuttosto prendere tutto il tempo che occorre per scoprire la propria singolare espressione dell’essere donna e surfista. Persiste la stessa visione del surf femminile, più o meno, dal 1950! E’ stanca, logora, noiosa a mio parere. Esiste un grande e abbondante potenziale creativo che aspetta di essere sprigionato da ogni singola donna surfista, dalle principianti alle più esperte. Cercare di “indossare” uno stereotipo diminuisce il potere della vostra creatività e il mondo non avrà mai la possibilità di godere del racconto della vostra vita, artisticamente espressa attraverso il surf.
Non si tratta di negare la propria femminilità, o di ridurre tutto alla stupida scelta sull’indossare o meno il bikini. Molte delle persone che criticano il lavoro che ho fatto nel surf non riescono a capire che non sono a favore della limitazione dell’espressione sessuale delle surfiste, ma semplicemente mi chiedo se questo immaginario collettivo non opprima la creatività femminile stessa. Le donne hanno da offrire molto più della loro sessualità e bellezza, ma esse sono troppo spesso valutate e messe in mostra per soddisfare un “rigido” ideale femminile utilizzato allo scopo di vendere prodotti, fotografie e riviste. Tutto ciò rappresenta la bancarotta del surf al femminile!
Siate creative! C’è un enorme vuoto nel mondo della surf art al femminile. È cosi bello vedere donne connesse all’oceano del calibro di Leah Dawson, Lauren Hill, e Ishita Malaviya, e condividere le loro storie; organizzazioni come “Brown Girl Surf”; aziende come Salt Gypsy e Seea. C’è un grande cambiamento nel mondo del surf femminile, grazie al coraggio delle donne che stanno osando esprimere la loro intima visione e la loro eccezionale creatività.

Quali sono i tuoi futuri progetti? Ci puoi anticipare qualcosa?
In questo momento mi sto concentrando molto nel lavoro di attivista nella mia comunità locale di Carlsbad, dove un imprenditore di Los Angeles vuole costruire un grande centro commerciale invadendo un delicato habitat lagunare collegato all’oceano, senza sentire le competenti valutazioni sugli impatti ambientali. Inoltre, sto lavorando con la mia non profit “The Inspire Initiative” per dare il via allo sviluppo di programmi di sensibilizzazione sul surf che sostengono e incoraggiano l’inclusività e la diversità, in collaborazione con le organizzazioni locali. Sto scrivendo anche degli articoli che esplorano il valore dell’attivismo femminile nel surf in tutto il mondo.
Siamo nel bel mezzo di un cambiamento incredibile, all’interno del quale io sento di poter dare il mio contributo nel cancellare il vecchio pensiero attraverso il quale le surfiste donne sono state rappresentate, e riempire i vuoti creatisi con una visione in continuo sviluppo di ciò che il surf potrà essere.
L’inizio di questo processo di cambiamento è stato incredibile….ma ancora deve venire il meglio!
Foto credit: Maria Cerda
Testo di Alessia Raho